lunedì 25 novembre 2013

Madame Delphine LaLaurie

Diciamocelo pure: il mondo è pieno di gente stramba. A prescindere dalla loro bontà o cattiveria, la gente è - prima di tutto - stramba.
Con l'avvento del Grande Internet, e con la conoscenza base della lingua inglese, è diventato estremamente facile reperire notizie su qualunque argomento.
Per cui, con uno sguardo a wikipedia.org e uno su murderpedia.org, andiamo a scoprire qualcosa su una donna portata alle luci della ribalta dalla serie televisiva targata FX - American Horror Story: Coven - ovvero: Madame Marie Delphine LaLaurie.

Madame Marie Delphine LaLaurie
murderpedia.org


Marie Delphine LaLaurie (nata McCarty) nacque a New Orleans nel 1775, figlia di due membri importanti della comunità creola.

Marie Delphine si sposò giovane, nel 1800, con un ufficiale spagnolo: Don Ramon de Lopez y Angullo, Cavaliere della Corona di Re Carlo. Ben presto, nel 1804, l'uomo venne richiamato in patria e portò con sé la giovane moglie. 
Mentre una fonte afferma che il viaggio di ritorno in patria fosse una punizione e che Marie conobbe la regina in persona che rimase colpita dalla sua bellezza (Grace King, 1921); un'altra asserisce che il viaggio fosse dovuto alla richiesta reale di prendere posto in patria, come il nuovo grado richiedeva, ma che Don Ramon non riuscì mai a giungere a Madrid. Morì a l'Havana (Stanley Arthur, 1936).

Durante il viaggio, Marie diede alla luce la sua prima figlia: Marie Borgia Delphine Lopez y Angulla de la Candelaria, chiamata Borquita. Assieme, fecero ritorno a casa in Lousiana.

Quattro anni dopo, nel 1808, Marie si sposò con un banchiere, mercante, avvocato e legislatore: Jean Blanque. Dal secondo marito, Marie ebbe quattro figli.

Nel 1816, rimase nuovamente vedova e dopo un po' di tempo (1825) prese come nuovo marito un medico: Leonard Louis Nicolas LaLaurie, più giovane di lei.

La casa al 1140 di Royal Street  - Steembre 2009
murderpedia.org




Madame LaLaurie acquistò una casa al 1140 di Royal Street, dove visse con il nuovo marito e due delle quattro figlie fino al 1834.

Come tutte le famiglie benestanti del tempo, anche la famiglia LaLaurie poteva vantare il possesso di qualche schiavo di colore, che alloggiava praticamente nella stessa casa.
In pubblico Marie si mostrava gentile con le persone di colore e sembrava preoccuparsi molto per la salute dei suoi schiavi; ne emancipò due (Jean Louis nel 1819 e Devince nel 1832), ma in privato i suoi schiavi apparivano smunti e maltrattati. I maltrattamenti erano di dominio pubblico, tanto che un avvocato venne mandato nella dimora di Madame LaLaurie per ricordarle le norme vigenti sul trattamento degli schiavi, ma non trovò nulla fuori norma. 

Uno dei vicini della LaLaurie, racconta di come un giorno vide una ragazzina di dodici anni, una schiava in casa LaLaurie, precipitare dal tetto per evitare di ricevere le frustate che la sua padrona intendeva darle. Apparentemente, la ragazzina, Lia, mentre pettinava la padrona, aveva tirato un nodo, scatenando le ire di Madame.
Questa vicenda, però, aveva avuto delle conseguenze, la LaLaurie venne costretta a cedere nove dei suoi schiavi per via dei maltrattamenti palesi, ma li riebbe in casa quando li fece acquistare a intermediari vicini alla famiglia. Si racconta anche di una schiava da cucina incatenata ai fornelli e di come la LaLaurie stessa picchiasse le figlie quando queste cercavano di dar da mangiare agli schiavi. (Harriet Martineau, 1838)

Museo delle cere - Madame LaLaurie e i suoi schiavi
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Il 10 aprile del 1834, un incendio divampò nella magione di Madame LaLaurie. Venne appiccato dalla cuoca, una donna di settant'anni, incatenata ai fornelli per la caviglia. Quello della donna fu un tentativo di suicidio, aveva pensato che morire tra le fiamme fosse un destino migliore di quello di essere portata al piano di sopra. "Chiunque è stato portato lì, non è mai tornato", disse.

Nel vedere le fiamme, molti astanti decisero di aiutare. Quando si videro negare le chiavi dalla LaLaurie in persona, decisero di sfondare le porte ed entrare con la forza nei quartieri riservati agli schiavi. Lì, vennero trovati sette schiavi mutilati, appesi per il collo con gli arti allungati e lacerati da un'estremità all'altra, che dovevano essere lì da mesi.

Uno degli uomini che trovò gli schiavi era il giudice Jean François Canonge, che disse di aver visto "una negra con un collare di ferro" e "una vecchia con una profonda ferita alla testa, troppo debole per essere in grado di camminare".

Nel 1836 girava un'altra versione della storia. Martineau scrive che gli schiavi vennero trovati in condizioni pietose. Erano emaciati, mostravano inequivocabili segni di frustate, erano legati in posizioni dolorose e innaturali e indossavano collari con spine perché le loro teste rimanessero in una posizione.

Quando la voce sulle torture si sparse, una folla inferocita assaltò la magione dei LaLaurie e distrusse tutto quello su cui poté mettere le mani. Gli schiavi liberati vennero portati nella prigione locale, in modo che chiunque volesse, fosse in grado di vedere in quali condizioni erano stati trattati.

Nei giardini e nel pozzo vennero trovati numerosi corpi, tra i quali quelli di bambini.

Quando la folla assaltò la magione, Madame LaLaurie fuggì in Francia, dove morì nel 1842, all'età di 67 anni.


Tra la realtà e il folklore, la storia di Madame LaLaurie si tinge di scuro. Di bocca in bocca, le torture di cui si rese artefice diventarono via via più crudeli. Si dice che riempisse la bocca degli schiavi di feci e poi le cucisse con del filo.

Jeanne DeLavigne, nel suo libro Ghost Stories of Old New Orleans (1946) scrive che, nel 1834, a seguito dell'incendio vennero trovati:
Schiavi maschi, nudi e incatenati alle pareti, con gli occhi cavati, le unghie strappate via alla radice; altri avevano le articolazioni spellate e infette, grossi buchi nelle natiche dove la carne era stata tagliata via, le orecchie ridotte a brandelli, le labbra cucite insieme… gli intestini erano stati estratti e avvolti attorno ai loro fianchi. Avevano buchi nei crani, dove un bastoncino era stato inserito per mescolarne il cervello.
La DeLavigne non riportò mai la fonte, ma nessuno dei testimoni riferì niente di quanto riportato dalla scrittrice.


Gli strumenti da tortura di Delphine LaLaurie
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Kalila Katherina Smith, nel suo Journey into Darkness: Ghosts and Vampires of New Orleans, (1998) ha pensato di rendere le vicende della LaLaurie ancora più crudeli e grottesche, riferendo di una donna alla quale furono amputate le braccia, che venne poi scuoiata secondo pattern circolari per somigliare a un bruco umano. Riferisce poi di un'altra donna che avrebbe gli arti spezzati e sistemati in strane angolazioni, perché somigliasse a un granchio.


È certo che Marie LaLaurie sia stata una donna strana, una pazza con una spiccatissima vena sadica che la spingeva a sfogarsi sui suoi schiavi, ma il tempo e la necessità (generalmente legata ai soldi, dato che la signora Katherina Smith dirigeva il tour dell'orrore in casa LaLaurie) ha trasformato questo mostro in un mostro ancor peggiore.

La sua figura è attualmente ripresa dalla serie TV American Horror Story: Coven, che narra di una congregazione di streghe che vive a New Orleans. Marie Delphine LaLaurie è uno dei personaggi principali della serie.

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