mercoledì 31 dicembre 2014

Psycho Pass 2 - L'introduzione, le bestemmie e tutto quanto tra sproloquio e chissà che altro

Ho iniziato a guardare la seconda stagione di Psycho Pass con in bocca il ricordo dolce-amaro della prima stagione. Ricordavo con nostalgia la ferocia dei sentimenti dei protagonisti, le loro decisioni sofferte, il loro essere irremovibili sui propri ideali e princìpi. 
Ho lasciato Shinya Kougami che si allontava dal Giappone, libero dalle catene del Sibyl System e dai cambi di tonalità dello Psycho Pass a ogni starnuto, l'ho lasciato lì, in una cuccetta in chissà quale mercantile con una sigaretta a consumarsi in un posacenere e un libro aperto accanto.


Sono arrivata alla quarta puntata della seconda stagione con un sapore amaro che mi rimbalzava tra le papille, sì è interessante, ma io non me lo ricordavo così sottotono, si fa guardare, ma io ricordavo che la trama fosse forte, che i personaggi fossero dei tronconi d'umanità da osservare come uno studioso osserva una colonia di formiche. Ricordavo di essere interessata; io ho amato Psycho Pass, le sue citazioni, i suoi rimandi letterari, i battibecchi tra Kougami e Makishima sulla filosofia, tutte quelle robe tipo che se tu mi citi Pascal io ti cito Ortega, poi possiamo anche attentare uno alla vita dell'altro.
Psycho Pass è entrato di diritto nelle mie serie animate preferite di sempre, accanto a un rumoroso e casinaro Saint Seiya, perché alla nostalgia non si comanda, e a Gundam, perché quando una cosa è bella non c'è niente da fare. E Psycho Pass è lì, nell'Olimpo dei miei adorati che si fa osservare e spulciare e studiare.
E la nuova stagione di Psycho Pass non è iniziata bene. È iniziata sottotono, in silenzio, con poca convinzione. Eppure ero lì a guardare Akane Tsunemori fare il suo lavoro, perché è una delle poche persone intelligenti in quel dipartimento, perché è sveglia, perché ha guardato anche lei nell'abisso che ha catturato l'anima di Kougami e Nietzsche lo sapeva che se guardi troppo nell'abisso, poi è l'abisso che guarda in te. E c'era lei che è sveglia, che sa,  lei è l'anello di congiunzione tra Kougami e Makishima, è colei che poteva ergersi tra i due e sapere meglio di tutti gli altri quello che provava Makishima pur avendo un ideale più simile a quello di Kougami.
Che dire della vera natura del Sibyl System?
E non basta parlarne, perché il discorso è più complesso, perché la prima stagione di Psycho Pass era una distopia mascherata da utopia. Perché le interpretazioni posso essere molteplici, ma da qualunque parte lo guardo: a me, Psycho Pass, è piaciuto da morire.


Quindi, quando tra gli anime invernali ho potuto vedere la seconda stagione di Psycho Pass, ho gioito. Perché non ne seguo tanti, non sono in tanti a interessarmi, ma c'era Psycho Pass e in attesa della nuova stagione di Jojo avrei avuto qualcosa da guardare, qualcosa di fantastico. Ma no, non è stato così. 
Il posto di Psycho Pass lo ha usurpato Shingeki no Bahamut con i suoi colori, la sua energia e i suoi personaggi. Angeli, demoni, divinità ed esseri umani tutti uniti a fare un grandissimo casino. 

Al quarto, credo, episodio di Psycho Pass, al fucile da cecchino dominator ho interrotto. Perché avevo bisogno di riguardare la prima stagione, chiedendomi se fosse possibile che mi stessi ricordando male. Avevo inventato la rivalità tra Makishima e Kougami? E il rapporto tra Masaoka e Ginoza?
In qualche modo e in un certo senso, quasi speravo di essermi inventata tutto, almeno per poterlo scrivere io. Quindi ho aperto questa cosa fantastica che è VVVVID.it e mi sono rivista la prima stagione. In italiano e con una smorfia di disgusto sulle labbra.
Smorfia che si è dileguata in fretta, perché il lavoro di traduzione, doppiaggio e adattamento effettuato su Psycho Pass è stato più che magistrale.
L'ho rivisto. L'ho rivisto tutto in pochi giorni, perché Psycho Pass è una di quelle cose che vanno bevute tutte d'un fiato, è la boccata d'aria dopo l'apnea, è il giro nella neve dopo la sauna, è infilare i piedi in acqua dopo una corsa scalzi sulla sabbia bollente. Psycho Pass è una carognata che non si fa interrompere e io gli ho dato retta.
E mi sono innamorata di nuovo di tutti, di tutto, della mente di Gen Urobuchi e del suo talento di penna.
Ora, dopo questa dichiarazione che è più sproloquio di ragazzina innamorata che altro, mi accingo a guardare la seconda stagione di Psycho Pass. TUTTA. Ma proprio tutta per arrivare preparata al film, che uscirà nelle sale giapponesi nella prima metà di gennaio.
Ammetto che la scoperta sulla scenggiatura mi abbia un po' deluso. Urobuchi, che è la mente geniale e bellissima che ha dato i natali a Psycho Pass e altre bellissime storie, ha solo supervisionato la sceneggiatura della seconda stagione, che in soldoni può voler dire che non l'ha manco vista, dato che sarà sua la storia, ma di certo non lo è il brand.

Altre due parole prima di cominciare a recensire la seconda stagione.
Recensirò, episodio per episodio, o comunque ne parlerò più avanti in maniera più approfondita, la prima stagione di Psycho Pass; questo per due motivi: avere la scusa di riguardare di nuovo la serie; riportare e fare una lista delle citazioni che contiene, cose tipo questa che è venuta facile facile:

Stagione 1, episodio 3.
Johnny Mnemonic, riferimento al racconto cyberpunk, prima parte della prima trilogia dello Sprawl di William Gibson, e primo racconto della raccolta "La notte che bruciammo Chrome".

E adesso, bando alle ciance!

Psycho Pass 2 - Episodio 1: La bilancia della giustizia

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